Monte Malbe, con la vetta di maggiore spicco, il Colle della Trinità, posta a quota 652 m.s.l.m., rappresenta, insieme a monte Tezio, uno dei rilievi di maggior risalto del territorio perugino, tanto da essere considerato la “Montagna Perugina”.
Dal punto di vista geologico è una formazione calcarea molto antica, ciò spiega il perché della quasi totale assenza di acque superficiali, rappresentate da brevi ed incisi fossi e da piccoli stagni spesso asciutti nel periodo estivo detti “trosce”. È possibile osservare inoltre, a conferma dell’origine, alcune formazioni carsiche o doline, tra cui la più grande situata in prossimità del “Podere Romitorio”.
Climaticamente la zona appartiene alla fascia temperata sublitoranea, con precipitazioni medie annue di 900 mm circa.
Occupa una porzione di territorio di circa 25 kmq, ricca di boschi prevalentemente trattati a ceduo, in cui il leccio (quercus ilex) e la roverella (quercus pubescens) rappresentano le specie arboree dominanti, accompagnate da cerro (quercus cerris), carpino nero (ostrya carpinifolia) e da arbusti come il corbezzolo (arbutus unedo), l’erica arborea (erica arborea) ed il ginepro (juniperus communis). Tali formazioni boschive sono interrotte in modo sporadico da qualche campo e radura per lo più in via di riconquista da parte del bosco. Monte Malbe è noto, inoltre, come la riserva di funghi più varia del territorio perugino.
Per quanto concerne la componente faunistica, va ricordato che il lupo, scomparso verso il 1820, è ricomparso nel monte a partire dagli anni 2000 con rari e isolati avvistamenti. Altri mammiferi presenti sono il cinghiale, la lepre, la volpe, il tasso, l’istrice, la faina, la donnola, la puzzola e tra quelli minuti il riccio, la talpa, lo scoiattolo, l’arvicola, il toporagno ed altri piccoli roditori. Tra gli uccelli si rilevano il merlo, il tordo, il pettirosso, il cardellino, il fringuello, il passero, la capinera, l’allodola, la rondine, il colombaccio, la ghiandaia, il cuculo, l’upupa e rapaci quali il gheppio, la civetta, l’assiolo, l’allocco ed il barbagianni.
Segni storici dell’attività umana sul monte sono ancora oggi ravvisabili nell’eremo di San Salvatore, meglio conosciuto come “Romitorio”, fondato tra l’XI e il XII secolo, che conserva ancora intatti il fascino e l’intimità dell’antico edificio. Nella fitta macchia che lo circonda è ancora presente la fonte naturale che da esso prende il nome e che fungeva da unico punto di approvvigionamento idrico del posto, da cui ancora oggi sgorga la rara acqua del rilievo. Lungo i sentieri che attraversano il monte sono ancora visibili resti di antichissimi muri a secco, tipici delle cosiddette “mulattiere”, ovvero i percorsi praticati nei secoli scorsi dai contadini che, con i loro muli, raggiungevano il Colle della Trinità per poter raccogliere legna e prodotti del bosco. È possibile inoltre scorgere anche tracce di vecchie carbonaie e calcinaie, ovvero piccole fosse nelle quali, fino alla fine del XIX secolo, venivano prodotti dagli abitanti dei luoghi carbone, per cottura della legna, e calce, per cottura delle rocce calcaree del monte, mediante tecniche e saperi che richiedevano la conoscenza di procedimenti complessi e laboriosi, tramandati di padre in figlio. Oggi questi due antichi saperi naturalistici sono quasi spariti.