All’interno dei confini comunali di Corciano, il territorio di Mantignana è quello situato più a nord.
Si racconta che l’origine del nome sia legata probabilmente alla leggenda del dio Janus e della ninfa Manta che si incontravano in questo luogo per trascorrere indisturbati i loro momenti felici.
Il territorio risulta intensamente frequentato già in epoca etrusco-romana: numerose sono, infatti, le villae presenti tra il I ed il III secolo d.C. Sui resti di queste, presero vita le successive strutture di età medievale, che contribuirono ad arginare il degrado in cui stavano scivolando le campagne nel corso dell’alto medioevo.
Già a partire dal IV – V secolo, nella campagna mantignanese erano presenti almeno una massa ed una corte, ovvero grandi aziende agrarie che costituirono il fulcro e la ricchezza economica dell’intero territorio perugino. Ancora nel Trecento, in pertinenza di Mantignana, era in uso il toponimo Le Masse ad indicare non tanto quello che doveva essere l’insieme più o meno esteso di campi dell’azienda, ma la conduma, ossia la fattoria vera e propria, sorta, molto probabilmente, sui resti di una villa di epoca romana, della quale il terreno ha restituito tracce inconfondibili.
Punto di riferimento religioso per la comunità del tempo era la Pieve di Santa Maria, menzionata per la prima volta nel 1038; essa sorgeva, già nel VII secolo a. C., nei pressi dell’attuale chiesa di Santa Maria Assunta.
L’importanza che l’organizzazione socio-economica di età romana rappresentò per questo territorio è confermata dal fatto che in prossimità dei resti di una villa ubicata in vocabolo La Rocca, fu edificato, probabilmente già a partire dalla fine del VI secolo, quello che è l’attuale borgo di Mantignana. L’insediamento fortificato, oltre ad avvalersi di imponenti strutture murarie, contava anche su importanti difese naturali: il torrente Caina ad est e quello che, dopo le opere di bonifica del Duecento, sarà chiamato Formanuova, ad ovest, privati delle necessarie cure, finirono per creare un’area impaludata che circondava il colle su tre lati, accentuando le potenzialità difensive del luogo. Tra XII e XIII secolo, dietro la spinta di una poderosa opera di bonifica, il castello venne momentaneamente abbandonato ed i mantignanesi ritornarono ad una forma di insediamento di tipo sparso, organizzata in piccoli nuclei abitati presenti nella campagna. Il fortilizio riprese vita solo a partire dal 1384 quando un gruppo di mantignanesi acquistò da Marco Boncambi, membro dell’importante famiglia perugina, alcuni casalini ed altri beni situati nella sua tenuta e fortezza situata nella villa di Mantignana.
Nello stesso periodo, gli abitanti che non parteciparono alla transazione trovarono una risposta diversa alle necessità difensive costruendo un fortilizio su di un terreno ubicato in vocabolo Sasseto, lasciato a sodo e ricco di pietrame, da cui il nome del luogo.
L’acquisto del fortilizio e la costruzione del castello di Sasseto avvennero in concomitanza o subito dopo una spaccatura della comunità di villa Mantignana in due nuclei distinti, dovuta a motivi che purtroppo ci sfuggono. In un elenco delle comunità del contado perugino del 1380 si ha menzione infatti di un castrum Mantignane superioris e di un castrum Mantignane inferioris: il primo, posto a sud, che gli uomini del luogo acquistarono da Marco Boncambi; il secondo, più a nord, che gli altri mantignanesi avrebbero edificato per proprio conto.
Nonostante la presenza di strutture fortificate, Mantignana, nel corso dei secoli, fu ricordata molto più spesso con l’appellativo di villa piuttosto che con quello di castrum. D’altra parte la prosperità della pianura è stata da sempre il grande elemento di attrazione per gli abitanti del luogo che, non abbandonando del tutto un insediamento di tipo sparso, hanno privilegiato un’esistenza a stretto contatto con le terre da coltivare. Ancora oggi, punto di riferimento per la comunità è l’area pianeggiante situata nei pressi della chiesa parrocchiale dedicata a Santa Maria Assunta. L’edificio fu costruito a partire dal 1882 su disegno dell’ing. arch. Guglielmo Rossi, a brevissima distanza dalla pieve medievale, che ormai, si trovava in condizioni tali da non poter essere più recuperata. I lavori di edificazione, affidati a maestranze di Capocavallo, durarono circa quattro anni; nel 1886, con la costruzione della sacrestia, la nuova chiesa poteva dirsi ultimata. Nel 1947, l’edificio venne arricchito con affreschi dei pittori Migliorati e Tamburro. Le aggraziate raffigurazioni di Santi e la minuziosa riproduzione di avvenimenti di attualità, inseriti nelle dodici splendide vetrate policrome, conferiscono una piacevole nota di vivacità alla solenne struttura.